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Il faro di Punta Penna visto da dentro

da Giovanna Colantonio

Gli uomini di mare lo sanno bene. In un mondo tecnologico, dove tutto corre seguito dal segnale Gps e nulla avviene più per caso, c’è una luce insostituibile il cui avvistamento infonde sicurezza come nient’altro. Una luce che ti sussurra “Non preoccuparti, sei a casa. Sei sulla terra”. È la luce di un faro.

Da sempre sentinelle del mare, protagonisti dei più insoliti e misteriosi racconti, i fari e i guardiani del faro sono sin dall’antichità affascinanti figure letterarie. Ma quanto è grande la lampada che genera quei fasci di luce? E dentro questa torre chi ci vive? Ci sono i fantasmi? Che succede quando c’è una tempesta? E i guardiani del faro amano tutti la solitudine? In una assolata mattina d’autunno il Faro di Punta Penna ci ha aperto le proprie porte, i proprietari di casa ci hanno accolto calorosamente e abbiamo sfatato con loro alcuni dei più comuni miti. Lo anticipiamo qui: no, il faro di Vasto non diventerà un bed and breakfast.

C’è una lampadina piccola piccola a generare quella danza di fasci di luce che si vede fino in Croazia. La sua potenza è di 1000 watt. Una lampadina alogena che dura da uno a tre mesi, a seconda delle stagioni. Collegata a un sensore crepuscolare che rileva il momento esatto del tramonto, si accende ogni giorno automaticamente. A vederla sembra fare miracoli. È incastonata in un gigantesco fiore di vetro detto lente di Fresnel: un sistema rotante di lenti che gira in senso antiorario – come il fascio di luce che genera – e che frammenta la singola sorgente in diversi getti luminosi. A starci vicino si suda, tanto è il calore che crea. Ogni faro ha un diverso modo di illuminare l’orizzonte: il faro di Punta Penna genera un lampo bianco ogni 5 secondi. Ma che succede quando va via la corrente? Si accende un piccolo faro di emergenza, che si trova sulla sommità della torre.

Chi ha detto che i guardiani del faro son introversi? Custodi di  innumerevoli saperi e segreti, i  proprietari di casa sono il reggente Biagio Santoro, qui dal 1987 e il farista Andrea Guida, dal 1997. Entrambi di origini campane, con un passato nella gloriosa flotta Lauro, Biagio è anche attore e scrittore di teatro, Andrea è un simpaticissimo anfitrione partenopeo. Il faro è la loro casa, il loro spazio vitale che svetta bianco verso il cielo. Ci mostrano dove si trovano gli appartamenti ai piani bassi e ci spiegano il loro lavoro di guardiani della luce, “tecnici, per l’esattezza”. È un lavoro che non può essere ancora sostituito dalla tecnologia: bisogna saper fare di tutto, essere elettricisti, motoristi, fare manutenzione, controllo, segnalazioni. E conoscere il mare. Soprattutto, amare il mare. E amare questo lavoro. <<Non è un lavoro qualsiasi, bisogna amarlo profondamente per poterlo svolgere una vita intera>>.

Il faro di Punta Penna si trova in una posizione strategica ed è il più visibile dalla Puglia fino alle Marche. La sua portata di 25 miglia permette di avvistarlo persino dalla Majella. Nonostante sprofondi per oltre 13 metri sottoterra per resistere alle intemperie, dall’alto dei suoi 70 metri, quando c’è una tempesta la torre oscilla. Così lunga e sottile, seconda in Italia per altezza, si flette alle raffiche inclementi. Al suo interno, dalle finestrelle rettangolari, si vede volare via di tutto. Il vento si intreccia nel vortice dei 300 gradini della scala a chiocciola e precipita ai piani bassi. Bussa con foga alla porta, fischia. La porta sbatte, si dimena. Come se qualcuno stesse cercando di uscire. Anche i muri sembrano ascoltare in silenzio, stare in attesa. Ma nonostante tutto, c’è un uomo lassù, a guardare il mare. Ha il privilegio di vedere tutto, senza che nessuno lo veda.

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