Il Siren Film Festival si è concluso, nel silenzio e nella noncuranza con cui è cominciato. Nonostante il format interessante, gli ospiti di un certo spessore, la location sul mare, qualcosa non ha funzionato. Qualcosa come la partecipazione della città. O la comunicazione dell’iniziativa.
Ad ogni modo, ne è valsa la pena, dall’inizio alla fine, ed è stato un peccato che nessuno se ne sia accorto. Da Natalie Macmahon, in apertura a Palazzo d’Avalos, alla seconda serata, dedicata al cinema della realtà, che ha visto come Special Guest Daniele Segre, regista pluripremiato da Venezia a New York, con una filmografia sterminata. Dal 2014 direttore del Centro Sperimentale di Cinematografia dell’Aquila, fiore all’occhiello della formazione documentaristica del capoluogo abruzzese, una delle poche in Italia. Daniele Segre, accompagnato da Alessia Moretti, responsabile dell’organizzazione didattica del Centro, arrivava da Torino.
Indubbiamente è preferibile andare al mare piuttosto che stare chiusi dentro la saletta cinema dell’hotel Principe (sì esiste) a vedere documentari presentati a Cannes, o interventi di docenti che hanno dedicato la propria vita alla ricerca, come la prof.ssa Anita Trivelli (Storia e Critica del Cinema, Università G. d’Annunzio) e il suo magistrale excursus sulle documentariste italiane contemporanee.
Degna di nota anche l’ultima serata, dedicata all’invasione della plastica nei nostri mari e oceani, con la visione del documentario prodotto da Sky “La balena di plastica” alla presenza di Legambiente Abruzzo, Goletta Verde e Giuseppe di Marco, presidente regionale dell’associazione. La kermesse si inseriva all’interno dell’iniziativa del Siren Festival I love the Ocean, che da quest’anno ha sostituito tutte le cannucce di plastica con quelle biodegradabili, anticipando l’applicazione della Direttiva Europea sull’utilizzo degli oggetti monouso. Noi c’eravamo, e siamo contenti di esserci stati. Chi di voi può dire la stessa cosa?
